L’ordinanza ermeneutica…

La recente ordinanza di scarcerazione della capitana Carola Rackete, emanata dal GIP Alessandra Valle, contiene al suo interno una curiosa “interpretazione” di una sentenza della Corte Costituzionale, tant’è che la stessa GIP la cita in “opzione ermeneutica”. Uno dei motivi della scarcerazione è che la GIP non ha riconosciuto la sussistenza dell’art 1100 del codice di navigazione (resistenza e violenza a nave da guerra) non ritenendo la vedetta GdF una nave da guerra quand’essa stazioni in un porto italiano.

Già vien da ridere che una nave possa considerarsi “da guerra” solo fuori dall’Italia e non quando è dentro i propri confini ed infatti la Cassazione nella sentenza 31403 del 2006 stabilì INEQUIVOCABILMENTE, in un processo per un fatto accaduto in prossimità dell’imboccatura del porto di Chioggia, che <<Indubbia è infatti la qualifica di nave da guerra attribuita a tale motovedetta (GdF), non solo perché essa era nell’esercizio di funzioni di polizia marittima, e risultava comandata ed equipaggiata da personale militare, ma soprattutto perché è lo stesso legislatore che indirettamente iscrive il naviglio della Guardia di Finanza in questa categoria, quando nella L. 13 dicembre 1956, n. 1409, art. 6, (norme per la vigilanza marittima ai fini della repressione del contrabbando dei tabacchi) punisce gli atti di resistenza o di violenza contro tale naviglio con le stesse pene stabilite dall’art. 1100 c.n., per la resistenza e violenza contro una nave da guerra.>>

Che avrà mai di tanto importante, dunque, la sentenza della Corte di Cassazione n.35 del 2000 citata dalla GIP a suffragio delle proprie tesi? Assolutamente NULLA. Si tratta infatti di una sentenza che avrebbe dovuto decidere l’ammissibilità di un referendum volto a demilitarizzare la GdF, giudicato dalla stessa sentenza INAMMISSIBILE. Non si esprime sullo status o meno di NAVE DA GUERRA relativamente alle imbarcazioni della GdF ma si limita a RIPORTARE fatti e normative già presenti.

La Corte infatti spiega che <<questa Corte non può che ribadire la convinzione che il carattere militare della Guardia di finanza è talmente compenetrato nella struttura, nell’organizzazione, nello status del personale, nelle funzioni e nelle modalità di esercizio dei compiti istituzionali del Corpo, che lo strumento referendario si presenta inidoneo a raggiungere l’obiettivo della sua “smilitarizzazione”>>.

Ma la Corte non si limita a questo. Essa infatti ribadisce il carattere MILITARE della GdF riportandone per sintesi alcune caratteristiche peculiari, come il fatto che per entrare nella GdF operante in mare si debbano possedere gli stessi requisiti richiesti per entrare nella Marina militare, che le imbarcazioni della GdF sono iscritte nel registro del naviglio militare, che tali imbarcazioni battono “bandiera di guerra”, che sono sottoposte al codice penale militare e, dulcis in fundo, che <<quando operano fuori delle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un’autorità consolare esercitano le funzioni di polizia proprie delle “navi da guerra” (art. 200 del codice della navigazione), e nei loro confronti sono applicabili gli artt. 1099 e 1100 del codice della navigazione>>

La GIP invece che fa? Riporta una “mezza frase”, estrapolandola dal contesto ed aggiungendo l’avverbio “solo” davanti  a codesta mezza frase che così diventa <<sono considerate navi da guerra solo “quando operano fuori delle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un’autorità consolare”>>

Eh no. La frase della Corte dice tutt’altro. L’art. 200 del codice nella navigazione infatti stabilisce chi deve fare da polizia marittima al di fuori delle acque territoriali e stabilisce che lo facciano le navi da guerra, senza mai citare la Gdf. La Corte ricorda che tra le funzioni della GdF c’è anche quella richiamata dall’art. 200 PROPRIO PERCHE’ le imbarcazioni GdF SONO CONSIDERATE NAVI DA GUERRA! SEMPRE.

All’inizio riportavo “l’opzione ermeneutica” non per mio vezzo ma perchè così si è espressa la GIP. Ma all’ermeneutica ci pensa già la Suprema Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, fare l’ermeneutica dell’ermeneutica ovvero interpretare il già interpretato non solo è inutile e controproducente ma può portare a conclusioni fallaci.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *